"...Tu non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, ti soccorro e ti sostengo con la destra della mia giustizia" (Isaia 41:10).
Questo passo della Bibbia è bellissimo; sentiamo, attraverso queste parole, la presenza amorevole del Signore, il suo incoraggiamento, la sua forza.
Nonostante ciò, spesso siamo presi dalla paura, dallo sconforto, e ci lasciamo avvolgere da questo sentimento che riesce ad annullare la nostra volontà di confidare in Dio.
Siamo sempre più confusi; vuoi per gli accadimenti del mondo, vuoi per la nostra vita quotidiana sempre più faticosa.
Abbiamo paura: questa è la parola giusta.
Questo passo della Bibbia è bellissimo; sentiamo, attraverso queste parole, la presenza amorevole del Signore, il suo incoraggiamento, la sua forza.
Nonostante ciò, spesso siamo presi dalla paura, dallo sconforto, e ci lasciamo avvolgere da questo sentimento che riesce ad annullare la nostra volontà di confidare in Dio.
Siamo sempre più confusi; vuoi per gli accadimenti del mondo, vuoi per la nostra vita quotidiana sempre più faticosa.
Abbiamo paura: questa è la parola giusta.
La festività di Pesach cade il 14 del mese di Nissan, giorno in cui Dio liberò Israele dalla schiavitù dell’Egitto e aprì il Mar Rosso... ma questa data non è casuale.
Per gli ebrei Nissan non è il mese della liberazione perché in esso avvennero i prodigi dell’esodo; al contrario, i prodigi dell’esodo avvennero in quel mese perché Dio l’aveva scelto appositamente per la liberazione spirituale del suo popolo, essendo un tempo di liberazione naturale.
Nissan (a cavallo tra marzo e aprile) è infatti il mese in cui entra la primavera, in cui la natura si libera dalle catene dell’inverno: per questo è il tempo in cui Israele è stato liberato dall'inverno della schiavitù.
Non ricordo dove mi trovavo quando, meditando sulle cose del Signore, una visione si è affacciata alla mia mente.
Ero all'interno di una grande chiesa vuota e osservavo gli oggetti che erano in essa: un altare, vicino ad esso un bellissimo candeliere d'oro che portava sulla sommità un grosso cero acceso, delle balaustre, un pulpito e dei banchi di legno lucidissimo ed in fondo, vicino alla porta, una sedia sulla quale giaceva uno straccio impolverato.
Se avessi potuto identificarmi con una di quelle cose, avrei voluto essere quel candeliere!
Ero all'interno di una grande chiesa vuota e osservavo gli oggetti che erano in essa: un altare, vicino ad esso un bellissimo candeliere d'oro che portava sulla sommità un grosso cero acceso, delle balaustre, un pulpito e dei banchi di legno lucidissimo ed in fondo, vicino alla porta, una sedia sulla quale giaceva uno straccio impolverato.
Se avessi potuto identificarmi con una di quelle cose, avrei voluto essere quel candeliere!
Ancora ci meravigliamo?
E si! Ancora ci sono avvenimenti che riescono a stupirci!
Eppure, dalle parole della Bibbia niente dovrebbe coglierci di sorpresa, niente dovrebbe suscitare il nostro stupore.
Ogni evento è stato scritto, ogni orrore preannunciato, ogni scandalo conosciuto in anticipo; ma davanti a determinate ingiustizie o accadimenti dolorosi restiamo sempre senza fiato.
Il nostro sbigottimento è sincero, l'indignazione aumenta, e il nostro è un grido che non riusciamo a trattenere, che ci porta ad ergerci in favore di chi subisce, di chi soccombe.
E si! Ancora ci sono avvenimenti che riescono a stupirci!
Eppure, dalle parole della Bibbia niente dovrebbe coglierci di sorpresa, niente dovrebbe suscitare il nostro stupore.
Ogni evento è stato scritto, ogni orrore preannunciato, ogni scandalo conosciuto in anticipo; ma davanti a determinate ingiustizie o accadimenti dolorosi restiamo sempre senza fiato.
Il nostro sbigottimento è sincero, l'indignazione aumenta, e il nostro è un grido che non riusciamo a trattenere, che ci porta ad ergerci in favore di chi subisce, di chi soccombe.
C'è qualcuno che bussa alla porta del nostro cuore, ha portato un dono per noi: l'amore.
Non ci costringe ad accettarlo, non chiede nulla in cambio, siamo liberi di farlo entrare nel nostro cuore... solo perché lo vogliamo; non per obbedienza imposta.
Non viene da Onnipotente, ma è venuto sulla terra per farsi uomo tra gli uomini, povero fra i poveri, perseguitato tra i perseguitati, con un messaggio d'amore: "Ama il prossimo tuo come te stesso".
Apriamogli il nostro cuore, ma non perché abbiamo tanta paura dell'ignoto e del futuro, o perché cerchiamo rifugio in una fede, o nella rassicurante piattezza del credo, con i marmorei dogmatici canoni religiosi; ma perché l'amore del prossimo esclude ogni male.
Non ci costringe ad accettarlo, non chiede nulla in cambio, siamo liberi di farlo entrare nel nostro cuore... solo perché lo vogliamo; non per obbedienza imposta.
Non viene da Onnipotente, ma è venuto sulla terra per farsi uomo tra gli uomini, povero fra i poveri, perseguitato tra i perseguitati, con un messaggio d'amore: "Ama il prossimo tuo come te stesso".
Apriamogli il nostro cuore, ma non perché abbiamo tanta paura dell'ignoto e del futuro, o perché cerchiamo rifugio in una fede, o nella rassicurante piattezza del credo, con i marmorei dogmatici canoni religiosi; ma perché l'amore del prossimo esclude ogni male.
Perché la società odierna è diversa da come l'hanno immaginata i nostri predecessori, da come la desideriamo noi e, principalmente, da come la desidera Dio?
Sentendo le brutte notizie che ci giungono tramite i mass-media, notizie di guerre, ingiustizie, disastri naturali, atti di terrorismo, azioni di persone malvagie, etc., spesso ci chiediamo: "Come mai Dio permette tutto ciò? Perché accade tutto questo male?".
Secondo l'insegnamento che ci viene dalla Parola di Dio, sappiamo che anche Lui (come la maggior parte dei credenti) è addolorato per tutto il male che avviene nel mondo.
Dio non si compiace del male e non desidera che le persone soffrono, muoiano e si fanno guerra l'uno con l'altro.
Sentendo le brutte notizie che ci giungono tramite i mass-media, notizie di guerre, ingiustizie, disastri naturali, atti di terrorismo, azioni di persone malvagie, etc., spesso ci chiediamo: "Come mai Dio permette tutto ciò? Perché accade tutto questo male?".
Secondo l'insegnamento che ci viene dalla Parola di Dio, sappiamo che anche Lui (come la maggior parte dei credenti) è addolorato per tutto il male che avviene nel mondo.
Dio non si compiace del male e non desidera che le persone soffrono, muoiano e si fanno guerra l'uno con l'altro.
C’erano una volta tre alberi, che crescevano l’uno accanto all'altro nel bosco.
Erano amici. E come quasi tutti gli amici, anche loro chiacchieravano tanto.
E come quasi tutti gli amici, anche loro erano molto diversi, nonostante crescessero nello stesso posto e fossero tutti all'incirca della stessa altezza.
Il primo albero amava la bellezza, il secondo albero amava l’avventura e il terzo albero amava Dio.
Un giorno, gli alberi parlavano di ciò che sarebbero voluti diventare da grandi.
«Quando sarò grande, vorrei essere un baule intagliato, di quelli dove si conservano i tesori, pieno di gioielli scintillanti», disse il primo albero.
Erano amici. E come quasi tutti gli amici, anche loro chiacchieravano tanto.
E come quasi tutti gli amici, anche loro erano molto diversi, nonostante crescessero nello stesso posto e fossero tutti all'incirca della stessa altezza.
Il primo albero amava la bellezza, il secondo albero amava l’avventura e il terzo albero amava Dio.
Un giorno, gli alberi parlavano di ciò che sarebbero voluti diventare da grandi.
«Quando sarò grande, vorrei essere un baule intagliato, di quelli dove si conservano i tesori, pieno di gioielli scintillanti», disse il primo albero.
LA RADICE DEL TERRORISMO E' NELLA DOTTRINA ISLAMICA?
I terroristi islamici commettono i loro atti sempre per motivi religiosi?
Sono gli atti terroristici approvati nell'Islam, avendo conferma nel Corano e negli Ahadith (sentenze e prescrizioni scritte anch'esse da Maometto)?
Sin dalle sue origini, Islam è stato sostenuto e imposto con la violenza, infatti viene classificata come "religione violenta".
Tralasciando l'analisi sulle Crociate, possiamo vedere che l'espansione dell'Islam raramente è avvenuta in modo pacifico.
Diversamente dal fondatore del Cristianesimo, Gesù Cristo, che predicava e agiva nel pacifismo, Maometto e i suoi discendenti ben volentieri hanno diffuso e imposto il loro credo con la violenza.
Nell'era moderna vi sono stati degli eventi che hanno legittimato la ripresa del metodo originale, almeno per difendere i valori, i territori e gli interessi economici del mondo islamico.
Per esempio, per l'arabo saudita, il fatto che gli americani hanno trovato l'appoggio politico e strategico del suo Paese per scatenante la Guerra del Golfo contro il dittatore iracheno Saddam Hussein, è stata una cosa riprovevole.
Il fatto che degli "infedeli" abbiano potuto muovere guerra a dei musulmani dal paese più santo per l'Islam (La Mecca e Medina si trovano in Arabia Saudita) sarebbe stata non solo un'enorme provocazione, ma anche un'umiliazione incredibile.
Con questa base di pensiero si sono motivati molti atti terroristici, come per una sorta di legittima difesa: contro un criminale, nemico dell'Islam, ci si può difendere anche con il terrorismo.
Così sono sorti i cosiddetti estremisti, cioè i militanti, quelli che "sentono la chiamata alla vera vita devozionale".
SONO UN SERVITORE DI ALLAH
Bin Laden, nel 1998, aveva detto: "Ci derubano della nostra ricchezza, delle nostre risorse e del nostro petrolio.
La nostra terra viene attaccata; uccidono i nostri fratelli, ci offendono nel nostro onore e nella nostra dignità. E se osiamo dire anche una sola parola di protesta contro la loro ingiustizia, ci chiamano terroristi".
Secondo Bin Laden, l'occidente è stato manipolato dal sionismo per opprimere il mondo islamico; questi sarebbe una vittima del terrorismo internazionale degli americani, su incarico d'Israele.
Così Bin Laden ha dato alla sua lotta un carattere religioso, una guerra santa: "Sono un servitore di Allah ed obbedisco ai suoi ordini.
Un suo ordine è quello di lottare per la di Allah e lottare fino a che gli Americani verranno cacciati da ogni paese islamico.
Noi siamo sicuri che, per la grazia di Allah, riporteremo la vittoria sugli ebrei e su quelli che combattono al loro fianco.
Secondo una tradizione profetica autentica, il messaggero di Allah, Maometto, ci ha promesso che l'ora della resurrezione non verrà prima che i musulmani abbiano abbattuto gli ebrei, i quali si nasconderanno dietro gli alberi e dietro le rocce".
La guerra santa (jihad) è un tema importante nella teologia islamica, la quale suddivide il mondo in paesi con un governo islamico (Dar-ul-Islam, Casa dell'Islam) e paesi nei quali l'Islam non regna (Dar-ul-Harab, Casa della Guerra).
Questi ultimi devono diventare, prima o poi, paesi islamici, perché il Corano rivendica il diritto di sovranità su tutti i popoli.
LOTTA, NON PAZIENZA!
Dopo la fuga di Maometto a Medina, nel VII secolo, ebbe inizio il proponimento della guerra condotta in nome di Allah.
Maometto viveva, fra l'altro, degli assalti alle carovane della Mecca, e ciò a portato a diverse battaglie contro La Mecca, che egli vinse per la maggior parte.
Inizialmente però i suoi seguaci, fuggiti con lui dalla Mecca, non erano convinti di dover seguire il loro capo in guerra per l'indottrinamento delle vicine nazioni.
Maometto fu costretto a trovare delle valide motivazioni teologiche, coniando il motto: "Allah non vuole pazienza, ma lotta!".
In fondo, il Corano dice che chi partecipa alla guerra santa viene ricompensato generosamente nell'aldilà.
La Sura 9:20-22 dice: "Coloro che credono, che sono emigrati e che lottano sul sentiero di Allah con i loro beni e le loro vite, hanno i più alti gradi presso Allah.
Essi sono i vincenti,e il loro signore annuncia loro la sua misericordia ed il suo compiacimento e i Giardini in cui avranno delizia durevole, in cui rimarranno per sempre".
QUANDO L'IMAM ORDINA DI ANDARE IN BATTAGLIA
I seguaci di Maometto credettero alla sua teologia della guerra santa: la ricompensa per la quale consiste il bottino in questo mondo e nel paradiso dell'aldilà.
Con grande dinamismo e velocità incredibile, essi, dopo la morte di Maometto, conquistarono ampie zone del Medio Oriente ed in seguito si spinsero sino in Spagna ed a Costantinopoli (oggi Istanbul).
Per due volte furono sul punto di conquistare tutta l'Europa meridionale.
La motivazione di morire per la fede, di entrare subito in paradiso, conferiva ai guerrieri una forza straordinaria, e mentre quelli morivano, i loro capi, come avveniva ed avviene anche nelle altre realtà militari, ne raccoglievano profitti ed onori terreni.
"Giuro su Allah che voglio essere ucciso sul suo sentiero, richiamato in vita e nuovamente ucciso, in modo da ottenere ogni volta nuovi meriti"; "Combattere per il sentiero di Allah o essere deciso a farlo, è un dovere divino.
Se il tuo Imam (capo religioso) ti ordina di andare il battaglia, gli devi obbedire".
Questi sono alcuni Ahadith (tradizioni scritti fuori dal Corano) per incitare alla guerra santa.
Chi muore nella guerra santa diventa un martire.
Al contrario dell'accezione cristiana di questo termine, che esprime la perdita della vita a causa della professione di fede in Gesù Cristo, il martire islamico è di solito qualcuno che muore in battaglia.
Adesso, invece gli atti terroristici non sono motivati solo dalla speranza di andare in paradiso, ma anche dal fatto che l'Occidente (con tutto quello che lo concerne in fatto di ideologie, costumi ed altro), con gli Stati Uniti prima, come principale collaboratore di Israele, e di conseguenza l'Europa con la loro influenza amorale, economica e politica mirerebbero alla rovina dell'Islam.
Le persone che, alla fine, sono realmente capaci di simili attentati, vivono in situazioni psicologiche particolari: di solito non hanno alcuna possibilità di sentire un'altra opinione e sono state indottrinate per anni con uno schema estremamente semplificato, che divide il mondo in amici e nemici.
In altro modo non ci si può spiegare che tale forma di terrorismo venga praticata, sebbene essa trasgredisca persino alcune regole islamiche: l'uccisione di civili, in particolare di donne non combattenti, è proibita da diversi Ahadith.
Comunque, i vili attacchi terroristici in Israele, in Europa, negli USA e altrove hanno poco a che fare con la guerra santa dell'Islam primitivo, che veniva essenzialmente portata avanti sul campo di battaglia aperto.
Ma il metodo terroristico non viene giustificato solo per la difesa, esso si adatta anche al principio della conquista.
La conquista di paesi non islamici è una forma di missione islamica che giustifica anche gli atti terroristi.
Dagli Ahadith: "Se i non credenti, dopo aver ricevuto la chiamata alla fede, non la seguono e si rifiutano di pagare il testatico, è dovere dei musulmani invocare l'aiuto di Allah e di fare guerra ai non credenti, perché Allah aiuta coloro che lo servono e distrugge i suoi nemici, i non credenti.
I musulmani devono attaccare i non credenti con tutte le macchine da guerra disponibili, dare alle fiamme le loro case, inondarli d'acqua, devastare i loro campi e distruggere i cereali, perché ciò indebolisce i nemici e il loro potere viene spezzato.
Tutti questi provvedimenti sono perciò santificati dalla legge".
Nonostante il divieto di uccidere i civili, gli atti terroristici si potrebbero giustificare sulla base del Corano e degli Ahadith come conseguenza inevitabile di episodi implicati nella guerra santa.
Come è riportato in alcuni Ahadith: "Se un musulmano attacca dei non credenti, senza prima chiamarli alla fede, è un aggressore, perché ciò è proibito; ma se lo fa egualmente e li uccide e li deruba dei loro averi, egli non è comunque tenuto a versare un indennizzo né risarcimento dei danni, perché ciò che li proteggerebbe (cioè l'Islam) non esiste presso di loro e la sola trasgressione di un comandamento non giustifica né l'indennizzo né il risarcimento dei danni.
Allo stesso modo, è vietata l'uccisione di donne e bambini di non credenti, ma non ne consegue l'imposizione di un indennizzo".
PER GLI ESTREMISTI ESISTE SOLO LA JIHAD
Nella dogmatica islamica ci sono stati periodi in cui si pensava di fare della guerra santa la sesta colonna dell'Islam, dopo la Professione di fede, il Digiuno, la Preghiera, le Elemosine ed il Pellegrinaggio.
Per i musulmani estremisti, a lungo termine, non c'è nessun altra strada se non la guerra santa, tutto il resto è un tradimento nei confronti della religione islamica stessa, come dimostra l'articolo 13 dello statuto del Movimento di Resistenza Islamico: "Iniziative politiche e cosiddette soluzioni pacifiche e conferenze internazionali per la soluzione della questione palestinese sono in contrasto con le convinzioni di fede del MRI... non c'è una soluzione della questione palestinese al di fuori della jihad".
I terroristi islamici commettono i loro atti sempre per motivi religiosi?
Sono gli atti terroristici approvati nell'Islam, avendo conferma nel Corano e negli Ahadith (sentenze e prescrizioni scritte anch'esse da Maometto)?
Sin dalle sue origini, Islam è stato sostenuto e imposto con la violenza, infatti viene classificata come "religione violenta".
Tralasciando l'analisi sulle Crociate, possiamo vedere che l'espansione dell'Islam raramente è avvenuta in modo pacifico.
Diversamente dal fondatore del Cristianesimo, Gesù Cristo, che predicava e agiva nel pacifismo, Maometto e i suoi discendenti ben volentieri hanno diffuso e imposto il loro credo con la violenza.
Nell'era moderna vi sono stati degli eventi che hanno legittimato la ripresa del metodo originale, almeno per difendere i valori, i territori e gli interessi economici del mondo islamico.
Per esempio, per l'arabo saudita, il fatto che gli americani hanno trovato l'appoggio politico e strategico del suo Paese per scatenante la Guerra del Golfo contro il dittatore iracheno Saddam Hussein, è stata una cosa riprovevole.
Il fatto che degli "infedeli" abbiano potuto muovere guerra a dei musulmani dal paese più santo per l'Islam (La Mecca e Medina si trovano in Arabia Saudita) sarebbe stata non solo un'enorme provocazione, ma anche un'umiliazione incredibile.
Con questa base di pensiero si sono motivati molti atti terroristici, come per una sorta di legittima difesa: contro un criminale, nemico dell'Islam, ci si può difendere anche con il terrorismo.
Così sono sorti i cosiddetti estremisti, cioè i militanti, quelli che "sentono la chiamata alla vera vita devozionale".
SONO UN SERVITORE DI ALLAH
Bin Laden, nel 1998, aveva detto: "Ci derubano della nostra ricchezza, delle nostre risorse e del nostro petrolio.
La nostra terra viene attaccata; uccidono i nostri fratelli, ci offendono nel nostro onore e nella nostra dignità. E se osiamo dire anche una sola parola di protesta contro la loro ingiustizia, ci chiamano terroristi".
Secondo Bin Laden, l'occidente è stato manipolato dal sionismo per opprimere il mondo islamico; questi sarebbe una vittima del terrorismo internazionale degli americani, su incarico d'Israele.
Così Bin Laden ha dato alla sua lotta un carattere religioso, una guerra santa: "Sono un servitore di Allah ed obbedisco ai suoi ordini.
Un suo ordine è quello di lottare per la di Allah e lottare fino a che gli Americani verranno cacciati da ogni paese islamico.
Noi siamo sicuri che, per la grazia di Allah, riporteremo la vittoria sugli ebrei e su quelli che combattono al loro fianco.
Secondo una tradizione profetica autentica, il messaggero di Allah, Maometto, ci ha promesso che l'ora della resurrezione non verrà prima che i musulmani abbiano abbattuto gli ebrei, i quali si nasconderanno dietro gli alberi e dietro le rocce".
La guerra santa (jihad) è un tema importante nella teologia islamica, la quale suddivide il mondo in paesi con un governo islamico (Dar-ul-Islam, Casa dell'Islam) e paesi nei quali l'Islam non regna (Dar-ul-Harab, Casa della Guerra).
Questi ultimi devono diventare, prima o poi, paesi islamici, perché il Corano rivendica il diritto di sovranità su tutti i popoli.
LOTTA, NON PAZIENZA!
Dopo la fuga di Maometto a Medina, nel VII secolo, ebbe inizio il proponimento della guerra condotta in nome di Allah.
Maometto viveva, fra l'altro, degli assalti alle carovane della Mecca, e ciò a portato a diverse battaglie contro La Mecca, che egli vinse per la maggior parte.
Inizialmente però i suoi seguaci, fuggiti con lui dalla Mecca, non erano convinti di dover seguire il loro capo in guerra per l'indottrinamento delle vicine nazioni.
Maometto fu costretto a trovare delle valide motivazioni teologiche, coniando il motto: "Allah non vuole pazienza, ma lotta!".
In fondo, il Corano dice che chi partecipa alla guerra santa viene ricompensato generosamente nell'aldilà.
La Sura 9:20-22 dice: "Coloro che credono, che sono emigrati e che lottano sul sentiero di Allah con i loro beni e le loro vite, hanno i più alti gradi presso Allah.
Essi sono i vincenti,e il loro signore annuncia loro la sua misericordia ed il suo compiacimento e i Giardini in cui avranno delizia durevole, in cui rimarranno per sempre".
QUANDO L'IMAM ORDINA DI ANDARE IN BATTAGLIA
I seguaci di Maometto credettero alla sua teologia della guerra santa: la ricompensa per la quale consiste il bottino in questo mondo e nel paradiso dell'aldilà.
Con grande dinamismo e velocità incredibile, essi, dopo la morte di Maometto, conquistarono ampie zone del Medio Oriente ed in seguito si spinsero sino in Spagna ed a Costantinopoli (oggi Istanbul).
Per due volte furono sul punto di conquistare tutta l'Europa meridionale.
La motivazione di morire per la fede, di entrare subito in paradiso, conferiva ai guerrieri una forza straordinaria, e mentre quelli morivano, i loro capi, come avveniva ed avviene anche nelle altre realtà militari, ne raccoglievano profitti ed onori terreni.
"Giuro su Allah che voglio essere ucciso sul suo sentiero, richiamato in vita e nuovamente ucciso, in modo da ottenere ogni volta nuovi meriti"; "Combattere per il sentiero di Allah o essere deciso a farlo, è un dovere divino.
Se il tuo Imam (capo religioso) ti ordina di andare il battaglia, gli devi obbedire".
Questi sono alcuni Ahadith (tradizioni scritti fuori dal Corano) per incitare alla guerra santa.
Chi muore nella guerra santa diventa un martire.
Al contrario dell'accezione cristiana di questo termine, che esprime la perdita della vita a causa della professione di fede in Gesù Cristo, il martire islamico è di solito qualcuno che muore in battaglia.
Adesso, invece gli atti terroristici non sono motivati solo dalla speranza di andare in paradiso, ma anche dal fatto che l'Occidente (con tutto quello che lo concerne in fatto di ideologie, costumi ed altro), con gli Stati Uniti prima, come principale collaboratore di Israele, e di conseguenza l'Europa con la loro influenza amorale, economica e politica mirerebbero alla rovina dell'Islam.
Le persone che, alla fine, sono realmente capaci di simili attentati, vivono in situazioni psicologiche particolari: di solito non hanno alcuna possibilità di sentire un'altra opinione e sono state indottrinate per anni con uno schema estremamente semplificato, che divide il mondo in amici e nemici.
In altro modo non ci si può spiegare che tale forma di terrorismo venga praticata, sebbene essa trasgredisca persino alcune regole islamiche: l'uccisione di civili, in particolare di donne non combattenti, è proibita da diversi Ahadith.
Comunque, i vili attacchi terroristici in Israele, in Europa, negli USA e altrove hanno poco a che fare con la guerra santa dell'Islam primitivo, che veniva essenzialmente portata avanti sul campo di battaglia aperto.
Ma il metodo terroristico non viene giustificato solo per la difesa, esso si adatta anche al principio della conquista.
La conquista di paesi non islamici è una forma di missione islamica che giustifica anche gli atti terroristi.
Dagli Ahadith: "Se i non credenti, dopo aver ricevuto la chiamata alla fede, non la seguono e si rifiutano di pagare il testatico, è dovere dei musulmani invocare l'aiuto di Allah e di fare guerra ai non credenti, perché Allah aiuta coloro che lo servono e distrugge i suoi nemici, i non credenti.
I musulmani devono attaccare i non credenti con tutte le macchine da guerra disponibili, dare alle fiamme le loro case, inondarli d'acqua, devastare i loro campi e distruggere i cereali, perché ciò indebolisce i nemici e il loro potere viene spezzato.
Tutti questi provvedimenti sono perciò santificati dalla legge".
Nonostante il divieto di uccidere i civili, gli atti terroristici si potrebbero giustificare sulla base del Corano e degli Ahadith come conseguenza inevitabile di episodi implicati nella guerra santa.
Come è riportato in alcuni Ahadith: "Se un musulmano attacca dei non credenti, senza prima chiamarli alla fede, è un aggressore, perché ciò è proibito; ma se lo fa egualmente e li uccide e li deruba dei loro averi, egli non è comunque tenuto a versare un indennizzo né risarcimento dei danni, perché ciò che li proteggerebbe (cioè l'Islam) non esiste presso di loro e la sola trasgressione di un comandamento non giustifica né l'indennizzo né il risarcimento dei danni.
Allo stesso modo, è vietata l'uccisione di donne e bambini di non credenti, ma non ne consegue l'imposizione di un indennizzo".
PER GLI ESTREMISTI ESISTE SOLO LA JIHAD
Nella dogmatica islamica ci sono stati periodi in cui si pensava di fare della guerra santa la sesta colonna dell'Islam, dopo la Professione di fede, il Digiuno, la Preghiera, le Elemosine ed il Pellegrinaggio.
Per i musulmani estremisti, a lungo termine, non c'è nessun altra strada se non la guerra santa, tutto il resto è un tradimento nei confronti della religione islamica stessa, come dimostra l'articolo 13 dello statuto del Movimento di Resistenza Islamico: "Iniziative politiche e cosiddette soluzioni pacifiche e conferenze internazionali per la soluzione della questione palestinese sono in contrasto con le convinzioni di fede del MRI... non c'è una soluzione della questione palestinese al di fuori della jihad".
Un confronto con una delle caratteristiche del vero Dio con il dio presentato da Maometto.
La Bibbia ci presenta Dio come Creatore del cielo e della terra, come Onnipotente e come Giudice degli uomini, ma anche come Padre dei credenti che da Lui sono generati alla loro conversione.
Anche se Maometto ha attinto le sue dichiarazioni su AlIah, quale onnipotente creatore e giudice, in parte da episodi tramandati dalla Bibbia, l'immagine del Dio biblico è totalmente diversa dall'immagine di AlIah.
Il Dio onnipotente della Sacra Scrittura non è lontano, distaccato dagli uomini, ne è un sovrano inanimato, una qualsiasi "forza superiore", ne un dio impersonale, la cui azione è stabilita arbitrariamente, come invece l'AlIah di Maometto.
No, il Dio della Sacra Scrittura, il Creatore del cielo e della terra, Onnipotente e Giusto giudice è, secondo il Suo essere, amore: "Dio è amore" (1 Giovanni 4:16).
"Dio infatti ha tanto amato il mondo..." (Giovanni 3: 16): questa è la testimonianza di Dio attraverso tutta la Sacra Scrittura.
Come si manifesta questo amore?
Come un Dio personale che ha un'intima relazione con noi, esseri umani, come l'ha un padre terreno verso i suoi figli.
Ecco perché nella Sua Parola sta scritto: "Sarò per voi come un padre, e voi mi sarete come figli e figlie, dice il Signore onnipotente" (2 Corinzi 6:18).
Mentre AlIah, il dio di Maometto, secondo quanto ci viene tramandato, dice: "Che cosa me ne importa?", quando un uomo da lui viene gettato nel Paradiso o nell'Inferno.
Quanto diverso è il nostro Dio, Colui che ama!
Già nell'Antico Testamento, proprio perché Egli è amore, si è manifestato come un Dio che si preoccupa di tutto ciò che riguarda le Sue creature, e vive per e con loro.
Dio è il Padre del nostro Signore Gesù Cristo ed ha un cuore.
Questo manca ad AlIah, il dio di Maometto.
Dio, il nostro Padre nei Cieli, si è legato a noi, Sue creature, noi Gli apparteniamo ed Egli appartiene a noi.
Egli percepisce le nostre difficoltà, soffre per il nostro peccato; Egli si contrista quando non vogliamo andare da Lui e corriamo verso la rovina a causa del nostro peccato.
I lamenti di Dio percorrono molte volte i libri dei profeti, leggiamo ad esempio: "Io pensavo: Come vorrei considerarti tra i miei figli e darti una terra invidiabile, un'eredità che sia l'ornamento più prezioso dei popoli! Pensavo: Voi mi direte: "Padre mio!", e non tralascerete di seguirmi.
Ma come una donna è infedele al suo amante, così voi, casa di Israele, siete stati infedeli a me!" (Geremia 3:19-20).
"Ritornate, figli traviati, io risanerò le vostre ribellioni" (Geremia 3:22).
"Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato? Rispondimi!
Forse perché ti ho fatto uscire dall'Egitto, ti ho riscattato dalla casa di schiavitù... ?" (Michea 6:3:4).
Dio è attento alle Sue creature.
Tutto l'essere di Dio è indirizzato verso le Sue creature.
Egli non solo soffre per loro e con loro, ma si rallegra di loro e con loro, quando ad esempio un figlio prodigo si pente del suo peccato, si ravvede e torna da Lui.
Sì, Egli ci ama!
Egli ama le Sue creature così tanto che ha dato per amore nostro ciò che aveva di più caro: il Suo Figlio unigenito.
Egli abbraccia con un amore incomprensibile tutto il mondo che ha creato, e ama ognuno in modo personale, lo chiama per nome.
Così il rapporto tra Dio e le Sue creature è un rapporto molto intimo caratterizzato dall'amore.
Come tutto questo è diverso dalla sottomissione dei musulmani al freddo e impersonale Allah!
Il Dio della Sacra Scrittura è il "Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome" (Efesini 3:14-15).
Chi potrà comprendere le implicazioni di tutto ciò?
L'immagine di Dio si irradia nel nostro cuore.
La Sacra Scrittura ci testimonia ripetutamente che Egli non è solo onnipotenza, ma, soprattutto, amore.
Per amore ci ha salvati dal peccato mandandoci Gesù, il suo amatissimo e unigenito Figlio, e se crediamo in Gesù, abbiamo accesso a Dio, nostro Padre.
Sì, siamo chiamati figli di Dio (Efesini 1:5), e siamo anche suoi eredi.
Quindi la nostra appartenenza a Lui è stabilita per il tempo e per l'eternità, se noi stessi non abbandoniamo Dio.
Possiamo avere una comunione intima con Lui, più intima di quella di un figlio con il suo padre terreno.
Con questo amore di Dio, ci ha donato il massimo, ha annullato l'eterna separazione, che era insormontabile, tra noi e Lui.
Con Lui non avremmo potuto avere alcun rapporto personale, perché il nostro peccato ci separava da Lui come il Cielo è separato dalla Terra.
Egli ha annullato questa separazione dando il Suo Figlio unigenito come sacrificio espiatorio per le nostre colpe.
Questa cosa incomprensibile è avvenuta per tutti coloro che credono in Gesù, infatti tutti noi possiamo andare a Dio, nostro Padre, come figli, sebbene siamo peccatori.
Il sacrificio di Gesù ci ha talmente avvicinati a Dio che possiamo dire: "Abba, Padre!".
Dio Padre adesso ama noi peccatori attraverso Lui, il Suo Figlio unigenito Gesù Cristo (Giovanni 16:27).
E' una cosa meravigliosa: noi sappiamo di avere un Padre nei Cieli, un vero Padre per noi, Suoi figli.
Di Lui il nostro Signore Gesù dice che ha contato perfino i capelli del nostro capo (Matteo 10:30), e quando noi siamo afflitti, Egli è afflitto.
Dio si fa carico dei nostri problemi, piccoli e grandi, e in quanto Padre prende tutto in mano e si preoccupa anche delle minime cose, quali il vestiario, il cibo e tutto ciò che ci occorre.
Molti Suoi figli hanno fatto l'esperienza che non solo possiamo chiedere a Dio Padre tutto ciò che ci manca, ma lo riceviamo anche, se viviamo secondo i Suoi comandamenti e crediamo nelle promesse del Suo amore.
Sì, come credenti, sperimentiamo continuamente che per Dio Padre è un piacere farci del bene (Geremia 32:41).
Il nostro Dio è: Padre d'amore, Padre di bontà, Padre di grazia, Padre di fedeltà, Padre di misericordia, Padre di pazienza, e infine, come Lo chiama l'apostolo Paolo: "Padre di ogni consolazione".
La Bibbia ci presenta Dio come Creatore del cielo e della terra, come Onnipotente e come Giudice degli uomini, ma anche come Padre dei credenti che da Lui sono generati alla loro conversione.
Anche se Maometto ha attinto le sue dichiarazioni su AlIah, quale onnipotente creatore e giudice, in parte da episodi tramandati dalla Bibbia, l'immagine del Dio biblico è totalmente diversa dall'immagine di AlIah.
Il Dio onnipotente della Sacra Scrittura non è lontano, distaccato dagli uomini, ne è un sovrano inanimato, una qualsiasi "forza superiore", ne un dio impersonale, la cui azione è stabilita arbitrariamente, come invece l'AlIah di Maometto.
No, il Dio della Sacra Scrittura, il Creatore del cielo e della terra, Onnipotente e Giusto giudice è, secondo il Suo essere, amore: "Dio è amore" (1 Giovanni 4:16).
"Dio infatti ha tanto amato il mondo..." (Giovanni 3: 16): questa è la testimonianza di Dio attraverso tutta la Sacra Scrittura.
Come si manifesta questo amore?
Come un Dio personale che ha un'intima relazione con noi, esseri umani, come l'ha un padre terreno verso i suoi figli.
Ecco perché nella Sua Parola sta scritto: "Sarò per voi come un padre, e voi mi sarete come figli e figlie, dice il Signore onnipotente" (2 Corinzi 6:18).
Mentre AlIah, il dio di Maometto, secondo quanto ci viene tramandato, dice: "Che cosa me ne importa?", quando un uomo da lui viene gettato nel Paradiso o nell'Inferno.
Quanto diverso è il nostro Dio, Colui che ama!
Già nell'Antico Testamento, proprio perché Egli è amore, si è manifestato come un Dio che si preoccupa di tutto ciò che riguarda le Sue creature, e vive per e con loro.
Dio è il Padre del nostro Signore Gesù Cristo ed ha un cuore.
Questo manca ad AlIah, il dio di Maometto.
Dio, il nostro Padre nei Cieli, si è legato a noi, Sue creature, noi Gli apparteniamo ed Egli appartiene a noi.
Egli percepisce le nostre difficoltà, soffre per il nostro peccato; Egli si contrista quando non vogliamo andare da Lui e corriamo verso la rovina a causa del nostro peccato.
I lamenti di Dio percorrono molte volte i libri dei profeti, leggiamo ad esempio: "Io pensavo: Come vorrei considerarti tra i miei figli e darti una terra invidiabile, un'eredità che sia l'ornamento più prezioso dei popoli! Pensavo: Voi mi direte: "Padre mio!", e non tralascerete di seguirmi.
Ma come una donna è infedele al suo amante, così voi, casa di Israele, siete stati infedeli a me!" (Geremia 3:19-20).
"Ritornate, figli traviati, io risanerò le vostre ribellioni" (Geremia 3:22).
"Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato? Rispondimi!
Forse perché ti ho fatto uscire dall'Egitto, ti ho riscattato dalla casa di schiavitù... ?" (Michea 6:3:4).
Dio è attento alle Sue creature.
Tutto l'essere di Dio è indirizzato verso le Sue creature.
Egli non solo soffre per loro e con loro, ma si rallegra di loro e con loro, quando ad esempio un figlio prodigo si pente del suo peccato, si ravvede e torna da Lui.
Sì, Egli ci ama!
Egli ama le Sue creature così tanto che ha dato per amore nostro ciò che aveva di più caro: il Suo Figlio unigenito.
Egli abbraccia con un amore incomprensibile tutto il mondo che ha creato, e ama ognuno in modo personale, lo chiama per nome.
Così il rapporto tra Dio e le Sue creature è un rapporto molto intimo caratterizzato dall'amore.
Come tutto questo è diverso dalla sottomissione dei musulmani al freddo e impersonale Allah!
Il Dio della Sacra Scrittura è il "Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome" (Efesini 3:14-15).
Chi potrà comprendere le implicazioni di tutto ciò?
L'immagine di Dio si irradia nel nostro cuore.
La Sacra Scrittura ci testimonia ripetutamente che Egli non è solo onnipotenza, ma, soprattutto, amore.
Per amore ci ha salvati dal peccato mandandoci Gesù, il suo amatissimo e unigenito Figlio, e se crediamo in Gesù, abbiamo accesso a Dio, nostro Padre.
Sì, siamo chiamati figli di Dio (Efesini 1:5), e siamo anche suoi eredi.
Quindi la nostra appartenenza a Lui è stabilita per il tempo e per l'eternità, se noi stessi non abbandoniamo Dio.
Possiamo avere una comunione intima con Lui, più intima di quella di un figlio con il suo padre terreno.
Con questo amore di Dio, ci ha donato il massimo, ha annullato l'eterna separazione, che era insormontabile, tra noi e Lui.
Con Lui non avremmo potuto avere alcun rapporto personale, perché il nostro peccato ci separava da Lui come il Cielo è separato dalla Terra.
Egli ha annullato questa separazione dando il Suo Figlio unigenito come sacrificio espiatorio per le nostre colpe.
Questa cosa incomprensibile è avvenuta per tutti coloro che credono in Gesù, infatti tutti noi possiamo andare a Dio, nostro Padre, come figli, sebbene siamo peccatori.
Il sacrificio di Gesù ci ha talmente avvicinati a Dio che possiamo dire: "Abba, Padre!".
Dio Padre adesso ama noi peccatori attraverso Lui, il Suo Figlio unigenito Gesù Cristo (Giovanni 16:27).
E' una cosa meravigliosa: noi sappiamo di avere un Padre nei Cieli, un vero Padre per noi, Suoi figli.
Di Lui il nostro Signore Gesù dice che ha contato perfino i capelli del nostro capo (Matteo 10:30), e quando noi siamo afflitti, Egli è afflitto.
Dio si fa carico dei nostri problemi, piccoli e grandi, e in quanto Padre prende tutto in mano e si preoccupa anche delle minime cose, quali il vestiario, il cibo e tutto ciò che ci occorre.
Molti Suoi figli hanno fatto l'esperienza che non solo possiamo chiedere a Dio Padre tutto ciò che ci manca, ma lo riceviamo anche, se viviamo secondo i Suoi comandamenti e crediamo nelle promesse del Suo amore.
Sì, come credenti, sperimentiamo continuamente che per Dio Padre è un piacere farci del bene (Geremia 32:41).
Il nostro Dio è: Padre d'amore, Padre di bontà, Padre di grazia, Padre di fedeltà, Padre di misericordia, Padre di pazienza, e infine, come Lo chiama l'apostolo Paolo: "Padre di ogni consolazione".
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