Liberato dalla droga

Droga in cambio di soldi, morte al mosto della vita.

La testimonianza di Beppe, liberato dal Signore Gesù dalla schiavitù della droga. 

Mi chiamo Beppe; sono di Cremona, dove attualmente vivono i miei genitori e vorrei raccontarvi la mia storia.
Posso dire di essere nato in una famiglia con dei sani principi, dove mi insegnavano ad andare sempre in chiesa, frequentare buone amicizie ed essere educato con le persone che mi stavano vicino.
Fino all'età di tredici anni sono stato sempre ubbidiente, ascoltando i consigli dei miei genitori.
A quattordici anni conobbi un certo tipo di amici con i quali cominciai a frequentare l'ambiente delle discoteche, a bere vino ed altre bevande alcoliche e tornavo a casa alle due o alle tre di notte, ubriaco e sconvolto.
Nello stesso tempo lavoravo in un panificio dove conobbi altri ragazzi con i quali cominciai a fumare marijuana e per molti anni sono andato avanti cosi, bevendo e fumando.
I miei genitori non sapevano nulla di tutto questo.



Nel 1974 io ed altri miei amici cominciammo a fare uso di eroina.
Ricordo ancora la prima dose che mi fu presentata; eravamo in un giardino, e un mio amico sciolse la roba nel cucchiaino.
Ricordo ancora le parole del mio amico che mi chiedeva di porgergli il braccio.
Era la prima volta che mi bucavo e avevo, si e no, 17 anni.
Cominciai così a cercare soldi in casa mia per procurarmi l'eroina.

Mio padre ben presto venne a sapere attraverso qualche mio amico che facevo parte di un gruppo di ragazzi che giravano insieme per andare a rubare.
Cosi un giorno venne da me e mi disse: "E' vero che fai uso di eroina?".
Io cercai in tutte le maniere di negare l'evidenza, perché avevo timore di mio padre e non facevo altro che dirgli bugie; fino a che un giorno venne verso di me, mi alzò le maniche della camicia, e vide le mie braccia segnate dagli aghi delle siringhe che usavo.

Mi impose delle condizioni: se volevo continuare a vivere in casa, dovevo smetterla di bucarmi, in caso contrario sarei dovuto andare via.
Così, presi solo una borsa e lasciai la mia casa per andare a vivere con un mio amico che, al tempo, spacciava droga.
Era una casa con un via vai di gente che veniva, sia per comprare la droga, che per bucarsi.
Mi inoltrai in quella strada, che non abbandonai se non dopo 10 anni, durante i quali ho fatto cose assurde, rubando e sperimentando anche il carcere.

In carcere ho avuto il tempo di riflettere, e mi sono chiesto più volte che cosa stavo facendo con la mia vita, perché stavo avvelenando la mia vita e quella dei miei genitori, etc..
Ma neanche questo è riuscito a fermarmi, ed ho continuato ad usare eroina, nonostante tutto.
Arrivai fino al punto di raccogliere siringhe per la strada; ero completamente bruciato, e un giorno mi trovai mezzo vivo e mezzo morto, buttato sopra un marciapiede.

Ricordo ancora quando venne l'ambulanza a prendermi per portarmi all'ospedale, pensai che sarei morto. Quando mi risvegliai mi arrabbiai con gli infermieri dicendo: "Ma cosa mi avete fatto, stavo così bene lì dove mi trovavo".
Mi avevano tolto lo sballo e mi avevano rimesso in sesto.
In piena crisi di astinenza cominciai a gridare e a battere i pugni sul tavolo.

Scappai, quindi dall'ospedale e tornai per la strada, e la mattina seguente ero di nuovo in cerca di eroina. Alle volte non mangiavo per due giorni, ero così  dipendente dalla droga che arrivai a pesare 45 chili, e ogni giorno dovevo recuperare dalle 200 alle 300 mila lire per soddisfare il mio bisogno.
Per 10 anni questo è stato il mio incubo.

Mio padre diverse volte ha cercato di venirmi incontro, e una volta mi portò in ospedale per farmi disintossicare, ma quando uscivo tornavo a fare quello che facevo prima.
Pensavo che ormai quella fosse la mia vita.

Un giorno, mi trovavo in un giardino di Milano ed ero seduto su una panchina, pensando a come potere fare soldi: stavo male e avevo bisogno della mia dose giornaliera.
Due ragazzi si avvicinarono a me e mi invitarono ad andare con loro in una comunità di recupero.
Io dissi loro che avevo ormai provato con ogni mezzo ad uscirne, ma niente aveva potuto aiutarmi.

Poi pensai di andarci lo stesso, e quando arrivai vidi dei ragazzi che avevano fatto la mia stessa esperienza e mi raccontarono di come il Signore Gesù li aveva liberati, trasformati e perdonati da ogni peccato.
Il responsabile stesso della comunità mi disse che Gesù avrebbe potuto cambiare anche la mia vita; mi disse che c'era speranza anche per me.
Da quella sera stessa decisi di andare a vivere in quella comunità, che attualmente sta ancora aiutando molti giovani.

Una sera, proprio in quella comunità, gridai a Dio, chiedendogli di perdonare i miei peccati, e Lui, meraviglioso come sempre, lo fece, ridandomi la gioia di vivere.
Ora io posso testimoniare della Sua fedeltà e di come mi porta avanti aiutandomi a superare ogni difficoltà. Dio è potente e pronto a cambiare il cuore dell'uomo.

Tratto dalla rivista di "Cristo è la Risposta", Grido di Battaglia, dicembre 1997

Giuseppe

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