Le menzogne nel "Codice da Vinci"

Una confutazione di Antonio Strigari. 

Le menzogne nel libro "Il Codice da Vinci", di Dan Brown.
Come tutte le costruzioni che si fondano sulla sabbia sono destinate a crollare, così le menzogne, le mezze verità o le dicerie devianti dalla verità.
Certo chi appartiene a Dio sarà dalla stesso custodito nella via della verità e della salvezza.
"Il Signore sa trarre i pii dalla tentazione e riserbare gli ingiusti ad esser puniti nel giorno del giudizio" (2Pietro 2:9).

Esaminiamo solo un piccolo passo del libro di Brown.
In esso troveremo:
1. una menzogna;
2. un fatto storico "vero" (nella parte espressa), ma, come vedremo, deviante dalla verità per l'incompletezza di approfondimento dello stesso.

Nel libro in questione è scritto:
"Sophie ne aveva sentito parlare soltanto perché vi era stato scritto il Credo, che era chiamato anche Credo niceno.
A quella riunione, continuò Teabing, si discussero molti aspetti del cristianesimo, che furono decisi attraverso un voto: la data della Pasqua, il ruolo dei vescovi, l'amministrazione dei sacramenti e, naturalmente, la divinità di Gesù.
«Non capisco. La sua divinità?», domandò Sophie.
«Mia cara», spiegò Teabing, «fino a quel momento storico, Gesù era visto dai suoi seguaci come un profeta mortale, un uomo grande e potente, ma pur sempre un uomo, un mortale».
«Non il Figlio di Dio?», replicò Sophie.
«No», disse Teabing, «lo statuto di Gesù come "Figlio di Dio" è stato ufficialmente proposto e votato dal concilio di Nicea».
«Un attimo; lei mi dice che la divinità di Gesù è stata il risultato di un voto?», domandò di nuovo Sophie.
«E per di più, un voto con una maggioranza assai ristretta», aggiunse Teabing.
«Comunque, stabilire la divinità di Cristo fu un passo cruciale per l'ulteriore unificazione tra l'Impero Romano e il nuovo potere con sede nel Vaticano.
Appoggiando ufficialmente Gesù come Figlio di Dio, Costantino lo ha trasformato in una divinità che esiste al di fuori del mondo, un'entità il cui potere non si può contraddire.
Questo non solo impediva ulteriori sfide del paganesimo al cristianesimo, ma adesso i seguaci di Cristo potevano salvarsi solo attraverso la via che era stata stabilita come sacra: la Chiesa Cattolica Romana».

Sophie lanciò un'occhiata a Langdon, che però le rivolse un cenno d'assenso.
«Fu tutta una questione di potere», proseguì Teabing, «Cristo come Messia era indispensabile al funzionamento della Chiesa e dello Stato.
Molti studiosi affermano che questa prima Chiesa ha letteralmente rubato Gesù ai suoi seguaci originali, sottraendogli il suo messaggio umano e avvolgendolo in un impenetrabile manto di divinità, e l'hanno usato per aumentare il loro potere.
Ho scritto vari libri sull'argomento».
«E penso che i devoti cristiani le mandino tutti i giorni qualche lettera di insulti», commentò lei.
«E perché mai?», replicò Teabing, «la grande maggioranza dei cristiani istruiti conosce la storia della sua fede; Gesù è stato davvero un uomo grande e potente, le subdole manovre politiche di Costantino non toccano la maestà della vita di Cristo, nessuno dice che lui fosse una mistificazione, o nega che abbia camminato sulla terra e ispirato milioni di uomini verso una vita migliore.
Noi diciamo solo che Costantino ha approfittato dell'influenza e dell'importanza raggiunta da Cristo e, così facendo, ha dato al cristianesimo il volto che noi oggi conosciamo»".

Nello stralcio del libro sopra riportato, come abbiamo letto, sono riportati due concetti che vogliamo esaminare distintamente: uno falso ed uno vero solo in parte.
1. "Fino a quel momento storico, Gesù era visto dai suoi seguaci come un profeta mortale: un uomo grande e potente, ma pur sempre un uomo, un mortale";
2. "Lo statuto di Gesù come "Figlio di Dio" è stato ufficialmente proposto e votato dal concilio di Nicea".
Considerando quanto sopra, chi non abbia cognizioni storiche, dimostranti quanto diversa sia la verità, sarebbe portato a pensare che fino a quel momento la persona del Cristo fosse considerata dai Suoi seguaci solo e semplicemente "umana" e, quindi, scossa ed allontanata dalla propria vera fede cristiana.
Una goccia di veleno uccide un uomo anche se ingerita assieme ad un bicchiere di acqua pura!

Consideriamo brevemente i due suddetti punti in ordine inverso.
Cenni sul concilio di Nicea.
Il concilio di Nicea è avvenuto nell'anno 325 (per la precisione, dal 20 Maggio al 19 Giugno 325).
Non esistono atti del dibattito, ma solo le conclusioni che riguardavano:
1. La decisione sulla data della Pasqua;
2. La lettera agli Egiziani sullo scisma di Melenzio (Vescovo di Nicopoli);
3. Venti canoni disciplinari;
4. La decisione dogmatica sulla questione ariana che si articola nel Simbolo e nella condanna di Ario.
Quest'ultimo argomento occupò in prevalenza il lavoro dei 318 vescovi intervenuti (secondo la tradizione del IV secolo).

Nel precedente Simbolo battesimale della chiesa di Cesarea, pur essendo chiaramente detto di Gesù "Figlio di Dio e nostro unico Signore", il testo poteva dare adito ad interpretazioni diverse (circa la persona di Cristo) e, per questa ragione, nel concilio di Nicea furono aggiunte alcune precisazioni dal significato inequivocabile:
"Dio vero, da Dio vero; generato non creato; della stessa sostanza del Padre", cioè OMOUSIOS, concetto, fino a quel momento, universalmente accettato da tutti i veri cristiani, come vedremo in seguito.
Contrariamente a quanto afferma Brown, solo Ario e due vescovi rifiutarono di sottoscrivere le decisioni conciliari.
Facciamo ora attenzione!
Pur essendo vero che nel concilio di Nicea è stato proposto e votato (dichiarato per iscritto) lo statuto di Gesù come Dio (più che come Figlio di Dio!), a proclamare questa verità, accettata da tutti i veri cristiani, non furono storicamente (per la prima volta) i vescovi riuniti nel concilio di Nicea, appoggiati da Costantino, ma i santi ed i martiri che sentirono l'Evangelo direttamente dagli Apostoli e/o dai discepoli del Signore, come vedremo in appresso esaminando atti storici inconfutabili.

La divinità di Gesù.

Contrariamente a quanto affermato da Dan Brown, al precedente punto 1, non è vero che i discepoli vedevano in Gesù "un mortale".
Vediamo i fatti storici che smentiscono l'affermazione di Dan Brown.
Ancor prima del concilio di Nicea, Ignazio d'Antiochia (Vescovo di Antiochia dal 70 al 107 e martire ), scrive nella lettera ai cristiani di Roma - capoverso II e VII: "...di Gesù Cristo nostro Dio".
Sempre lo stesso Vescovo di Antiochia scrive nella lettera ai cristiani di Smirne I.1: "...Gloria a Gesù Cristo Dio che vi ha resi così saggi".
Ed ancora, nella lettera ai cristiani di Efeso XVIII .2: "...Il nostro Dio, Gesù Cristo, è stato portato nel seno di Maria, secondo l'economia di Dio, del seme di David e dello Spirito Santo".
Nella lettera "A Diogneto", Cap. VII, 4-6 (opera risalente alla metà del II secolo), troviamo scritto: "...ma, nella mitezza e nella bontà, come un Re manda suo figlio, lo inviò come Dio e come uomo per gli uomini; lo mandò come chi salva, per persuadere, non per fare violenza; lo mandò per chiamare e non per perseguitare; lo mandò per amore non per giudicare. Lo manderà a giudicare e chi potrà sostenere la sua presenza?".

Come vedevano Gesù i primi cristiani.

I primi cristiani, tra i quali Policarpo e Papia "bevvero" la dottrina della Verità direttamente dalle pure fonti delle bocche degli Apostoli e dai discepoli ammaestrati direttamente dal Signore e, per questo, ritengo, abbiano più credito di chiunque propini dottrine diverse.
Cenni su Policarpo, vescovo di Smirne.
Mentre si ignora il luogo di origine di Policarpo, si conosce invece con una certa precisione il periodo in cui nacque: intorno al 69; morì martire il 23 febbraio del 155 d.C..
Fu educato dagli Apostoli, specialmente da Giovanni, come attestano Ireneo ed Eusebio: "Policarpo non solo fu educato dagli Apostoli e visse con molti di quelli che avevano visto il Signore, ma fu anche dagli Apostoli stabilito nell'Asia come vescovo di Smirne".
Durante il suo lungo episcopato, Policarpo si distinse per il suo zelo nel conservare fedelmente la dottrina degli Apostoli, nel diffondere il Vangelo tra i pagani e nel combattere le nascenti eresie.
Per quanto breve, la lettera di Policarpo non manca di contenuto dottrinale: "...così Cristo è detto aver Dio per Padre ed in conseguenza è Figlio di Dio" (12,2); "...è però anche uomo; egli per noi morì e per noi fu da Dio resuscitato" (9,2).

Cenni su Papia di Hierapolis.
Di Papia non si sa praticamente nulla tranne che fu vescovo di Hierapolis, in Frigia (Asia Minore) nei primi decenni del II secolo e che scrisse un'opera in cinque libri intitolata "Esposizione degli oracoli del Signore".
Numerosi frammenti di scritti dei primi cristiani riportano citazioni e pensieri di Papia.
Egli conosceva bene i vangeli di Marco, Matteo e Giovanni.
Papia, infatti, è una fonte di grande importanza per capire il processo di formazione del Nuovo Testamento, non solo per le sue notizie sui vangeli di Marco e Matteo, ma anche - e probabilmente ancor più - per quanto la sua opera lascia intravedere del modo in cui le questioni relative all'autorità normativa, cioè al messaggio insito nella tradizione relativa a Gesù, si ponessero a un cristianesimo che si stava lasciando alle spalle non solo la generazione dei discepoli diretti di Gesù, ma anche quella di quanti avevano ascoltato questi ultimi e che tuttavia ancora non avevano adottato una collezione normativa di scritti risalenti ai discepoli di Gesù, o ritenuti tali.
Nel Frammento nel Codice Vaticano Alessandrino 14 è detto:
1. Il Vangelo di Giovanni fu reso manifesto e dato alle Chiese da Giovanni stesso, mentre era ancora in vita, come riferisce Papia di Gerapoli, il discepolo caro a Giovanni nei suoi ultimi cinque libri.
2. Scrisse infatti senza errori il Vangelo dettatogli da Giovanni.
L’eretico Marcione, essendo stato biasimato da lui per i suoi contrari sentimenti (a riguardo della fede), fu scacciato da Giovanni.
Egli infatti aveva portato degli scritti o lettere da parte dei fratelli che erano nel Ponto.
Se diamo credito a Papia e, quindi, ai Vangeli di Marco, Matteo e Giovanni, cadono tutte le ipotesi assurde di Brown!

Com'è visto Gesù nei Vangeli di Matteo, Marco e Giovanni.

In questi vangeli c'è abbastanza per capire la divinità di Gesù Cristo.
Gesù riconosciuto come Figlio di Dio.
Nel Vangelo di Matteo, Pietro, illuminato dallo Spirito Santo dichiara la divina provenienza di Gesù dicendo: "Tu sei il Cristo, il Figliuolo dell'Iddio vivente" (Matteo 16:16).
Gesù riconosciuto come Dio.
Nel vangelo di Giovanni (garantito da Papia, suo discepolo) troviamo l'espressione chiara di Tommaso (fatta dopo aver constatato la resurrezione di Gesù), il quale disse: "…Signor mio e Dio mio!" (Giovanni 20:28).

Le epistole di Paolo.
Su Paolo abbiamo informazioni precise grazie agli Atti degli Apostoli che forniscono, a proposito delle sue vicende giudiziarie, i nomi di magistrati romani noti per altra via e consentono di fissare un punto di partenza cronologico, e grazie ad altre informazioni, tratte dalle lettere paoline (in particolare Galati 1-2), che permettono di tracciare uno schema della sua attività e della sua vita e, quindi, una cronologia relativa.
Il principale punto di riferimento cronologico è il proconsolato di Gallione in Acaia: davanti a lui Paolo fu portato in giudizio durante il primo soggiorno a Corinto (Atti 18:12-17), che durò un anno e mezzo (Atti 18:11).
Da un’iscrizione trovata a Delfi nel 1905, si può dedurre che Gallione fosse proconsole d’Acaia nel 51-52 o 52-53; quindi Paolo dovette essere a Corinto tra il 50 e il 53.
Meno sicuro è il riferimento alla sostituzione del procuratore romano di Palestina Felice con Festo, davanti al quale Paolo doveva comparire, quando era prigioniero a Cesarea (Atti 24,27): le date possibili oscillano tra il 55 e il 60.
Quasi tutte le lettere pervenute risalgono al 2º e al 3º viaggio missionario, databili, rispettivamente, tra il 49/50 e il 52/53 (il 2º) e tra il 53/54 e il 57/58 (il 3º), perciò tutte le lettere devono essere state composte tra il 50/51 e il 58 in un arco di tempo piuttosto breve.

Le oscillazioni di due anni nelle date proposte dipendono dall’oscillazione della data di partenza; la cronologia delle singole lettere viene stabilita in base a dati forniti dalle lettere stesse.
Da Corinto, in un secondo soggiorno, è stata scritta la lettera ai Romani nel 58 (ma c’è chi la data nel 55/56 o nel 57), prima dell’ultimo viaggio paolino a Gerusalemme.
In questa lettera Paolo, riferendosi a Gesù Cristo dice: " …dei quali sono i padri, e dai quali è venuto, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno. Amen" (Romani 9:5).
Nella lettera a Tito (può ritenersi che la composizione della lettera cada tra l’ultimo decennio del I sec. e il primo del II), Paolo si esprime così: " …aspettando la beata speranza e l'apparizione della gloria del nostro grande Iddio e Salvatore, Cristo Gesù" (Tito 2:13).
Come abbiamo letto, Paolo non aspettò (non avrebbe potuto farlo!) il concilio di Nicea per credere e predicare la divinità di Gesù!

Una prova concreta ed attuale della divinità di Gesù Cristo.

Oltre ad ogni prova storica o scientifica esiste la "madre delle prove", che consiste nell'esperienza diretta dell'incontro con Cristo Gesù che ogni uomo può fare alle seguenti condizioni:
1. svuotare completamente la propria mente da ogni giudizio o pregiudizio;
2. ritenersi spiritualmente (mentalmente) povero,
3. peccatore,
4. bisognoso della salvezza,
5. immeritevole di ogni grazia da parte del Signore,
6. incapace di distinguere e camminare con le proprie forze per la via del bene;
7. rivolgersi al Signore con un cuore sincero;
8. ravvedersi e pentirsi della peccaminosa propria vita passata;
9. chiedere a Dio il perdono per i peccati commessi;
10. credere di aver ottenuto il perdono per il sangue versato da Gesù sulla croce.

Chi farà questo, avrà la prova della divinità di Cristo Gesù, perché sentirà nel proprio cuore la pace e la gioia e vedrà indirizzati i propri passi su una diversa via, quella del bene.

Giuseppe

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