Perché gli auguri ai musulmani e non ai cristiani?


Una Riflessione di Magdi Allam. 

Il capo dello Stato ha mai inviato auguri ai cristiani per la Festa del Natale o per quella di Pasqua?
Un sindaco comunista si è mai recato in chiesa per condividere con i cristiani la gioia per la loro festività religiosa?
Non mi sembra che sia successo.
Succede però che tutto ciò lo si faccia con i musulmani in occasione delle loro festività islamiche.
Perché?
II 30 agosto, in occasione della Festa dell'Eid al-Fitr, la seconda festa più importante della religione islamica, che conclude il mese di digiuno del Ramadan, il presidente Napolitano ha inviato un messaggio "a tutti i cittadini italiani di fede islamica, così come ai numerosi musulmani ospiti o residenti stabilmente nel nostro Paese, i migliori e più cordiali auguri per questa festività".
Secondo Napolitano la festa islamica sarebbe "motivo di riflessione sull'importanza di un dialogo sincero e costruttivo tra le religioni e le culture", arrivando a sostenere che questo dialogo sarebbe un "indispensabile presupposto, affinché la società italiana sappia interpretare le sfide del mondo contemporaneo e divenire sempre più libera, aperta e giusta".

Ebbene, innanzitutto, il dialogo non è mai tra le religioni e le culture, bensì tra le persone che fanno riferimento alle religioni e alle culture e, pertanto, le persone vanno calate nel contesto dello spazio e del tempo in cui si trovano; significa che il dialogo e la convivenza con i musulmani in Italia sono possibili e doverosi nel momento in cui loro rispettano le nostre leggi, condividono i nostri valori assoluti, universali e pertanto non negoziabili; aderiscono ad un'identità collettiva che li porta a sentirsi partecipi della comune costruzione di un'Italia migliore.
Detto ciò, è veramente discutibile e sorprendente che Napolitano immagina che, grazie al dialogo tra le religioni e le culture, l'Italia diventerà più libera, aperta e giusta.
Caso mai è vero l'opposto.
Proprio perché l'Italia è già libera, aperta e giusta che i musulmani dispongono attualmente di circa 900 luoghi di preghiera, svolgono pubblicamente azione di proselitismo, rivendicano a viva voce sempre più moschee grandi con cupola e minareto, nonostante loro non siano del tutto rispettosi delle nostre leggi, non condividano i nostri valori non negoziabili, non si riconoscano nell'identità nazionale italiana.

Non abbiamo un dato certo sul totale dei musulmani che hanno partecipato alla preghiera per la loro festività islamica.
Certamente sono una infima minoranza rispetto al totale dei musulmani residenti in Italia, stimati in circa un milione.
Anche volendo proprio esagerare e immaginare che i fedeli islamici in preghiera siano stati in tutta ltalia 50 mila, corrisponderebbero al 5 % del totale dei musulmani in Italia.
Ci rendiamo conto che se ci prostriamo di fronte agli islamici, assecondando in tutto e per tutto ciò che pretendono quando ad agire è solo il 5 % dei residenti, significa che saremo destinati a soccombere quando la percentuale dei loro militanti crescerà?

Perché riserviamo agli islamici un trattamento diverso rispetto a quello consueto con i cristiani o gli ebrei?
Perché non abbiamo il coraggio di dire loro che sono i benvenuti solo se rispettano in tutto e per tutto le nostre leggi, se condividono i nostri valori e aderiscono alla nostra identità nazionale?
Perché facciamo finta di ignorare che fin troppo spesso nelle moschee si predica l'odio e la violenza e talvolta si indottrina ad un'ideologia della morte che anche in Italia ha già portato all'arresto e all'espulsione di diverse guide islamiche?

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Giuseppe

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