Cosa ci aspettiamo da Dio?

Meditazioni

Una Riflessione di Manuela Giannini.

Quante volte siamo andati in chiesa e abbiamo sentito dire che Dio benedice coloro che obbediscono alla sua legge, coloro che sono così, sono cosà, fanno questo e fanno quello; quante volte abbiamo chiesto a Dio di benedirci nel lavoro, nella salute, nei rapporti interpersonali, sperando che tutti i nostri problemi e dolori spariscono in un minuto, come se Dio fosse la fata turchina.
Quante volte?

Devo ammettere che molte volte sono andata in chiesa e ho dovuto ascoltare un vangelo che parlava di Dio come il benefattore di chi si siede sulle panche della chiesa, cattolica o protestante che sia….
Molte volte ho sentito dire che solo se facciamo i "bravi", se ci comportiamo bene, se facciamo questo o facciamo quello, Dio sicuramente ci benedirà.

Quello che molti, credenti e non credenti, si chiedono è: "Perché accadono cose spiacevoli, cose brutte, cose dolorose…….. la guerra, la violenza, le molestie, le perversioni, l’odio…… Se noi crediamo in Dio queste cose non ci dovrebbero capitare….!? E allora cosa dobbiamo pensare?".
Ma prendiamo ad esempio Giobbe.
La Bibbia, anzi Dio, parla di lui come uno dei pochi sulla terra che è integro, retto, teme Dio e sfugge il male (Giobbe 1:8).
Giobbe, che si prende cura anche dei peccati dei figli, e offre sacrifici al loro posto: "...Non si sa mai che i miei figli abbiano peccato e rinnegato Dio in cuor loro".

Secondo voi che tipo di persona era Giobbe?
Sembra che fosse una di quelle veramente integre e sempre pronte a purificarsi da eventuali peccati che potevano intromettersi fra lui e Dio…
Non solo la Bibbia lo considera un uomo retto (la rettitudine è una buona caratteristica del carattere, e quindi della persona stessa), ma anche un uomo che fuggiva il male, una qualità questa più direttamente connessa con le azioni (fare).

Ma cosa succede?
Satana accusa Dio di aver benedetto Giobbe, e accusa Giobbe di temere Dio solo perché è da Lui benedetto.
Ma Dio sa il fatto suo e conosce Giobbe.
Dopo la morte di tutto il bestiame, la distruzione di tutti i raccolti, la morte dei figli e delle figlie, Giobbe confessa: "Il Signore ha dato; il Signore ha tolto; benedetto il nome del Signore" (Giobbe 1:21).

Alla seconda ondata di sfortune Giobbe è quello che soffre.
Il primo commento che abbiamo viene dalla moglie, che chissà perché non è stata annientata come i figli!
La bocca della moglie si apre e ne viene fuori: "Ancora stai saldo alla tua integrità? Lascia stare Dio e muori!" (che carina!).

Ma Giobbe pensa ancora che se ha accettato il bene da Dio perché non dovrebbe accettare anche il male?
Poi i suoi amici sentono dell’accaduto e partono dai lontani paesi dove vivono per venire in aiuto e confortare Giobbe: Elifaz, Bildab e Zofar.
Per sette giorni e sette notti stanno in silenzio al fianco di Giobbe senza dire una parola, seduti nelle ceneri con lui.

Giobbe ha tutto un intero un capitolo di "perché": "Proprio a me doveva capitare? Meglio non esser nato!".
Poi si passa ai primi commenti degli amici.
Quanti di noi hanno sentito le stesse parole che Giobbe ha dovuto ascoltare da Elifaz?
"Giobbe predichi bene e razzoli male! Facile parlare quando non è la tua anima in gioco… Ti ricordi quando predicavi agli altri?".

Le prime frasi di conforto possono essere scambiate come delle accuse: "Quale innocente perì mai? Cosa mi dice? Che devo sperare perché, visto che sono innocente, non perirò, oppure sto morendo, perché non sono innocente?" (Giobbe 4:7).
E ancora di più, Elifaz dice a Giobbe di non disprezzare la lezione dell’Onnipotente (Giobbe 5:17).
Quindi non mi sbaglio… Elifaz accusa Giobbe di essere in peccato.

Dio si è arrabbiato con Giobbe e lo sta castigando e correggendo!
Il risultato è: "...le cose brutte accadono solo a chi è cattivo".
Giobbe è amareggiato, e si chiede perché gli amici non mostrano un pò di pietà.
Poi prosegue rivolgendosi a Dio e chiede che se lui ha peccato lo perdoni e lo tolga dalle afflizioni.
Ed è quì che il secondo amico rincara la dose.
Bildad conferma a Giobbe che se lui ha peccato, pur cercando di scusarsi, la retribuzione di Dio è inevitabile (Giobbe 8:4).

Giobbe riconosce che Dio è sovrano e creatore: "chi è l’uomo che possa interpellare Dio?".
Passa poi ad accusare Dio, dicendo che Lui distrugge allo stesso modo l'uomo integro e l'uomo malvagio, e che Lui lo stia colpendo senza motivo (Giobbe 9:22).
Giobbe crede di non aver peccato davanti a Dio e per questo sente che può alzare la testa e chiedergli una spiegazione.

Ecco che iniziano le parole di conforto del terzo amico Zofar: "Allontanati dalla tua iniquità e vedrai che starai meglio".
Ed è allora che Giobbe si arrabbia coi suoi amici, dicendo che lui conosce la sovranità di Dio e che non sta mettendola in discussione.
E' nel capitolo 13 che Giobbe inizia a cambiare il suo tono di voce….. e vuole sapere solo una cosa: "Quante sono le mie iniquità? Dio perché mi nascondi il tuo volto?".

Ancora una volta Elifaz si rivolge a Giobbe, dicendo che è un malvagio e che per questo è tormentato.
Giobbe insiste che le sue mani con commisero mai violenza e la sua preghiera fu sempre pura.
A Dio si volgono I suoi occhi pieni di lacrime.
Bildad, ancora una volta, invita Giobbe a riconoscere il suo peccato.

Giobbe a questo punto è stufo dei suoi amici e inizia a rendersi conto che anche se è stato Dio ad alzare la mano sulla sua vita, Egli è vivo e che alla fine lo alzerà dalla polvere (lo resusciterà) e, dopo che il suo corpo sarà distrutto, vedrà Dio.
Questo desiderio di vederlo lo consuma (Giobbe 19:27).

Ancora una volta Zofar disserta sulle punizioni dell’empio ed Elifaz invita Giobbe a ravvedersi.
Giobbe desidera solo poter incontrare Dio e difendere la sua causa.
E ancora, amico dopo amico, gli ricordano che forse è meglio per lui confessare i propri peccati, perché di certo cose brutte non accadono ai retti e ai giusti.

Giobbe parla della saggezza divina e si ricorda di come Dio lo aveva riempito di cose buone e della Sua comunione (Giobbe 29:5).
Più in la si ricorda dell’onore che tutti gli porgevano e lo paragona alla figura di zimbello del momento.
Come ultima cosa, Giobbe ricorda tutte le cose giuste in suo favore, credendo ancora che in lui non c’è nulla di malvagio.

Tutto ad un tratto un certo Eliu spunta sulla scena e si scusa dicendo che è giovane e che forse non ha molta più saggezza degli altri, ma vuole lo stesso esporre il suo pensiero.
E dice la prima cosa saggia di tutti i precedenti 31 capitoli: "Quel che rende intelligente l’uomo è lo spirito, il soffio dell’Onnipotente" (Giobbe 2:8).

Eliu espone il problema, le parole umane non servono a convincere né di colpevolezza, né di purezza.
Le parole umane non sono che vento.
Lo Spirito che è dentro di Eliu lo spinge a parlare, e ci racconta come Dio è sovrano nelle sue scelte e nella sua giustizia (Giobbe 32:18).

Eliu chiama Giobbe stolto e dice che il dolore gli annebbia la mente, lo invita Giobbe ad aspettare Dio e a credere che la sua causa è davanti a Dio, e lo invita a lodarlo per le Sue opere (Giobbe 35:14).
E’ proprio qui che Dio sbuca all’improvviso dal mezzo di una tempesta e invita Giobbe a dare risposte alle Sue domande (Giobbe 38:3).

Le domande che Dio porge a Giobbe non sono altro che esposizioni della Sua magnificenza, del Suo amore, della Sua giustizia e del Suo interesse nella creazione.
Dio interroga Giobbe: "Il censore dell’Onnipotente vuole ancora contendere con lui?" (Giobbe 40:2).
Dopo il balbettio di Giobbe, Dio riprende dicendo: "VUOI TU SOSTITUIRTI A ME? Vuoi che io applichi la tua giustizia invece della mia?".

Dopo un altra lista di creazioni divine, Giobbe si riprende dalla sua caparbietà, ed è nel capitolo 42 che viene stroncato dalla rivelazione divina.
Molte cose Giobbe le sapeva già, ma l’incontro con Dio lo ha portato ad una dimensione diversa di conoscenza.
Prima l’orecchio aveva sentito parlare di Dio, ma ora l’occhio di Giobbe ha visto Dio.
E’ qui che avviene il ravvedimento di Giobbe.

Ma, ravvedimento? Da che?
Sta a vedere che allora I suoi amici avevano ragione?
Che fin dal principio aveva peccato ed è stato per questo che Dio l’aveva punito? No… no…. 
Se torniamo al primo paragrafo, Dio diceva di lui che era uno dei pochi uomini che non solo erano giusti, ma anche che fugge il male.

Ma allora di cosa si deve ravvedere Giobbe?
Beh, io non sono come Giobbe, e non ero presente al fatto, ma posso immaginare che forse si dovesse pentire dei pensieri insani ai quali si era abbandonato nel momento dell’agonia.
Avere poi degli amici come quelli, non aiuta tanto, anzi...

Tornando al concetto di "se facciamo del bene Dio ci ripaga con il bene, se ci comportiamo bene Dio ci dà tutte le cose che desideriamo" (la più conosciuta delle interpretazioni di BENEDIZIONE), cosa ne facciamo di Giobbe?
E quale, pensiamo, che sia la "benedizione" finale della sua storia?
Molti pensano che la benedizione finale fosse la restituzione della famiglia e la moltiplicazione dei beni materiali, ma io sono più propensa a pensare che la sofferenza che lo ha portato veramente a incontrare e a vedere Dio sia la benedizione ultima della storia.

Allora dobbiamo allora pensare che Dio si diverte a tormentarci, perché possiamo conoscere Lui in modo più profondo?
O dobbiamo pensare che non fa distinzione fra coloro che Lo temono e coloro che non si interessano di Lui?
Così non sia! Questi sono proprio i pensieri di cui Giobbe si è dovuto pentire.
"Ma allora dove vuoi arrivare, Manuela?!".

Voglio dire che Dio è sovrano, e questo significa che le regole le fa Lui; se mettiamo assieme Dio Sovrano + Dio Giusto + Dio Buono + Dio….+ Dio… viene fuori la figura di Dio del quale non possiamo che fidarci e, con le parole di Eliu, voglio dire: "A TALE SPETTACOLO, IL MIO CUORE TREMA".
Ogni volta che leggo i capitoli dove Eliu e Dio parlano, il mio cuore trema.

Perché un Dio così si preoccupa di me, di quello che penso, di quello che provo, che guarda ogni passo che faccio; sicuramente non per accusarmi di fare il passo sbagliato, ma per vegliare su di me, per essere pronto con la sua perfetta giustizia piena di misericordia.

Eliu mi ricorda che se pecco quale inconveniente procuro a Dio? Nessuno!
Se moltiplico i miei misfatti che danno gli arreco? Nessuno!
Se sono giusta che gli do? Niente!
La mia malvagità nuoce a me e al mio simile e la mia giustizia giova solo a me stessa!

Mi manca la visione totale delle cose, i miei occhi e la mia mente vedono solo lo 0,001 % del tutto e forse anche meno (non riuscivo a pensare ad una somma inferiore).
Allo stesso momento, però, non devo smettere di pregare, perché Dio è potente, non respinge mai nessuno e fa giustizia agli afflitti (Giobbe 36:5-6).

Noi abbiamo una o due marce in più di Giobbe, non solo perché siamo solo lettori della sua storia e sappiamo le cose che erano nascoste a lui nei primi capitoli, ma anche perché abbiamo avuto l’ulteriore prova d’amore di Gesù alla croce.

Vuole dire questo che in vita non avremo afflizioni?
No, assolutamente, ma possiamo stare sicuri che lo Spirito Santo di Dio sarà con noi a consolarci e a guidarci in un modo più vicino a Dio come Giobbe non avrebbe immaginato.

Giuseppe

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