La penultima cosa

POESIE
Una poesia di Stefano Gumucio (politico cileno).

E’ successo qualcosa alla mia futura morte con la risurrezione di Gesù Cristo.
Prima che venga, io posso anticiparla e soffiare la vita alla morte.
Posso dirle: non mi puoi prendere la vita,
semplicemente perché io posso darla prima che tu venga.
Gesù mi ha insegnato a darla tutta intera, corpo e anima.
Quando verrà, la morte avrà in mano un pugno di mosche, un cadavere non me.
Il mio corpo è già del Signore, gia dal battesimo.
Le mie membra vive sono del Risuscitato.
Sono unito, corpo e spirito, alla vera vita.
La morte non può portarmi via, perché sono nelle mani della vita.
Quello che porteranno al cimitero non sarò io,
che tenga pure la morte il mio corpo e disfi sotto terra ciò che è terra,
ma me come persona non mi può toccare,
il mio amore non può essere consumato dai vermi.
Ho imparato da Cristo a dare tutto me stesso e tutto ciò che è dato resterà per sempre,
cento per cento nel Dio vivo.
Ehi, morte , dov’è la tua vittoria?
Sto imparando a guardarti in faccia,
ho capito che sulla croce sei stata sconfitta.
Assicurato da Gesù risuscitato,
io ti guardo come un bambino guarda i leoni in gabbia dalle forte braccia di suo padre.
Talmente incorporato al primo che è nato dai morti,
ho messo tutto me stesso nel suo corpo e sangue.
Io condivido già la mia vita nuova nel mio Signore e amico:
il mio mondo, gli occhi, le parole e le idee, le mie intuizioni e i miei dubbi,
le gioie e le pene, le mie azioni e gli affetti,
il meglio di me stesso e il lato debole, la mia carne e il mio spirito,
e anche le oscure profondità del mio essere.
Che cosa ti resta o morte?
Solo un po di polvere, tu sei solo il telaio, la porta è il mio Signore.
Resta di qua il tempo, la durata, il consumare,
passo di là e si rompe ogni limite e incomincia la interminabile novità.
Vado con Cristo, per adesso mi basta il suo cammino da povero,
sono trasfigurato, nuovo, sono me stesso, in maniera gratuita,
mi sento vincitore e vinto.
Cristo mi ha conquistato e mi ha preso per sè,
io non sono più tuo, oh morte.
Così anche tu, umilmente sconfitta mi sei diventata come una sorella,
sorella morte,
piccola e grigia operaia della nostra risurrezione.

Giuseppe

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